Il Risveglio Archivi - Cleis Ende Parole sporche Mon, 21 Dec 2020 09:09:56 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.8.3 https://www.cleisende.it/wp-content/uploads/2020/11/cropped-Icona-CleisEnde-1-32x32.jpg Il Risveglio Archivi - Cleis Ende 32 32 A casa non c’è nessuno – Il Risveglio 02 https://www.cleisende.it/casa-nessuno-racconto/ Mon, 21 Dec 2020 09:09:24 +0000 https://www.cleisende.it/?p=849 Angela è sempre più insofferente e il rapporto con Carlo inizia a starle stretto. Quando una sera torna a casa prima, la situazione precipita Leggi...

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Angela è sempre più insofferente e il rapporto con Carlo inizia a starle stretto. Quando una sera torna a casa prima, la situazione precipita

Leggi la prima parte di “Il Risveglio”

Raddrizzo l’auto nel parcheggio sotto caso e la spengo. Tiro fuori il cellulare dalla borsa: c’è un messaggio di Carlo.

“Scusa amo, non ce la faccio per cena.”

Ributto il cellulare in borsa e scendo dall’auto. Sbatto lo sportello alle spalle e mi incammino a grandi passi verso casa.

Mi sta sempre tra i piedi quando finisco tardi, ma per una volta che riesco a uscire prima da lavoro non c’è.

Le luci di casa sono spente, quindi mamma e papà sono ancora fuori. Solo una finestra brilla in mezzo agli alberi del giardino, al secondo piano. Dovrebbe essere quella di Elisa. Magari ci penserà mia cugina a tenermi compagnia per cena.

Il cancello esterno è aperto e lo richiudo di dietro di me. Apro la porta di casa ed entro. Il soggiorno è immerso nel buio e dal piano di sopra vengono delle voci. Elisa starà guardando un film, o parlando con qualcuno al telefono.

Mi sfilo le scarpe, alla cieca. Recupero il cellulare e appendo giacca e borsa. La luce dello schermo filtra tra le dita e rischiara il pavimento sotto di me. Accanto all’appendiabiti c’è un paio di scarpe da ginnastica da uomo: sono enormi, troppo grandi per essere di papà. Magari le ha dimenticate Carlo l’altro giorno, quando siamo andati a correre.

Attraverso la stanza e scosto la porta che separa primo e secondo piano. Le voci si fanno più alte. Un uomo urla.

Un horror? Un film drammatico?

Imbocco le scale, il cellulare puntato in avanti per illuminare i gradini.

Un uomo ride. «…smetterla?»

Mugolii.

Sono sul pianerottolo. Un letto cigola e la voce rimbomba tra le pareti del corridoio.

«No che non devo smettere, eh?»

La porta della camera di Elisa è socchiusa, una lancia di luce attraversa il pavimento.

I rumori arrivano da lì.

«Ti piace zoccoletta, eh?»

In che razza di film parlano così? Solo in quelli che guardo di nascosto la sera, quando tutti dormono.

Ho la bocca secca. Ho messo la mano libera in mezzo alle gambe, il palmo schiacciato sulla collinetta e le dita tra le cosce. Nonostante i jeans, l’odore di muschio mi solletica il naso. Forse è solo un’impressione. O forse non è il mio odore.

Infilo il cellulare in tasca e l’unica luce che rimane è quella che filtra da camera di Elisa. Mi avvicino rasente al muro. Mi sporgo quel tanto che basta per vedere l’interno della stanza.

Elisa è nuda e c’è un uomo sul letto insieme a lei.

Scatto indietro e mi poggio spalle al muro. Ha portato un uomo in casa nostra? Mamma e papà tirerebbero su un casino, se lo sapessero. La butterebbero fuori di casa.

Fare sesso vale tanti rischi?

Mi faccio scivolare a terra e sbircio. Elisa ha le braccia tirate indietro e i polsi legati alla testiera. È rossa in viso, sudata, gli occhi tirati indietro e le guance gonfie. Ha la bocca piena e dalle labbra spunta un lembo di stoffa. Il busto è teso ad arco e le gambe sono spalancate, con le caviglie legate alle estremità del letto.

Tra le sue gambe c’è un ragazzo con in mano un’asta, sormontata da una semisfera. La usano in alcuni film sconci, per fare quello che io di solito faccio con le dita.

Il ragazzo tiene la testa del vibratore sul clitoride di Elisa. Lei si contorce, mugola. I muscoli si contraggono e si rilassano.

Il ragazzo ride. «Questo era l’orgasmo numero… Ho perso il conto, sai?»

Si abbassa su di lei. Le scosta una ciocca di capelli dall’orecchio e vi poggia la bocca. «Adesso è il mio turno, no?»

Mette il vibratore di lato e si raddrizza. Afferra le cosce di Elisa da sotto e il suo cazzo sparisce lì in mezzo. Elisa muove il bacino verso di lui, le chiappe strette e sollevate dal materasso.

Ho la mano nei pantaloni. Quando me li sono slacciati? Sto massaggiando il clitoride e il calore mi prende la gola. Mordo il labbro inferiore. Sospiro, gemo.

Il ragazzo si blocca. «Hai sentito?»

Elisa lascia andare la schiena sul letto. Annuisce e si gira nella mia direzione.

Se mi trovano così faccio la figura della pervertita. Camera mia è proprio qui accanto, per fortuna: mi alzo con i pantaloni mezzi abbassati e corro via. Entro in camera e mi sbatto la porta alle spalle.

Mi riallaccio i pantaloni.

Fuori dalla porta ci sono dei passi, la voce di Elisa.

«Cazzo, giuro che non ci doveva essere nessu—»

«Calmati. Parlaci e vedi che si sistema tutto.»

Bussano alla porta. «Angela, ci sei?»

Bussano di nuovo. «Angela, ti prego.»

Apro.

Elisa è ancora porpora e indossa solo un accappatoio, che tiene chiuso con le mani. Mi fissa con gli occhi lucidi.

«Angela, io… Era tanto che io e Fabio non stavamo insieme e non abbiamo soldi per un albergo… Non dirlo ai tuoi, ti prego.»

Pensa davvero che lo direi ai miei? La rimanderebbero giù in Calabria per direttissima.

Scuoto la testa. «Certo che non glielo dirò.»

Il suo abbraccio ha un odore muschiato e acidulo.

«Non dirò niente, ma ne vale la pena?»

Si stacca e fa spallucce. Non capisce.

«Vale la pena rischiare così per il sesso? Io non so com’è. Carlo… Carlo mi rispetta.» Storco la bocca.

«Ah, allora voi—»

«Spiegami tutto. Non dirò niente, ma aiutami a capire com’è.»

Il tepore si accede nel petto e scende in mezzo alle gambe. Passo una mano sul retro del collo e la ritiro sudata.

Elisa mi fissa a bocca aperta. «Va bene.»

Scosta lo sguardo, annuisce. «Si può fare.»

Spalanco la porta e le indico l’interno della stanza. Entra e si siede sul letto.

Comincia a spiegare.

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Una brava ragazza – Il Risveglio 01 https://www.cleisende.it/brava-ragazza-racconto/ Fri, 27 Nov 2020 16:08:04 +0000 https://www.cleisende.it/?p=815 Angela non dovrebbe avere nulla di cui lamentarsi: ha una famiglia che la ama, un lavoro, un ragazzo. È la classica brava ragazza. Forse è...

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Angela non dovrebbe avere nulla di cui lamentarsi: ha una famiglia che la ama, un lavoro, un ragazzo. È la classica brava ragazza. Forse è proprio questo il problema.

I fari illuminano una buca larga metà della corsia. Giro il volante. Le sterpaglie sul ciglio della strada scricchiolano sotto le ruote. Torno sull’asfalto.

Accanto a me, Carlo va avanti con le sue lamentele.

«Ho sempre paura di dare fastidio. Va bene che stiamo insieme da cinque anni, ma c’è anche tua cugina ospite in questi giorni. Che dici?» Mi punzecchia il braccio con un dito. «Mi stai ascoltando?»

Mi mordo il labbro: dovrebbe essere in arrivo un’altra buca di quelle profonde. Una pozza buia interrompe il giallo dei fari. La evito.

«Allora?» La voce di Carlo è stridula. Mi punzecchia la spalla.

Perché cavolo non capisce che ho bisogno di concentrarmi quando guido?

Faccio spallucce. «Ti conoscono da quando avevi quattordici anni…»

La strada si piega a gomito e scende. Rallento, cambio la marcia.

«E…?»

La strada torna pianeggiante, le case di avvicinano: la parte brutta è finita. Sospiro.

«Certo che non dai fastidio: sei tipo un figlio per loro.»

Mamma e papà sono fin troppo contenti che sia sempre da noi, anche quando preferirei passare la sera per conto mio. Forse gli dovrei dire di non tornare più e basta. I miei ci resterebbero male, però.

Lancio un’occhiata di lato. È piegato di lato, verso di me, gli occhi fissi sul volante e lo sguardo perso. Un sorrisetto gli increspa le labbra.

«Per me è perché non abbiamo scopato prima del matrimonio. Loro ci tengono a queste cose.»

Mi passa una mano sulla nuca, la fa scendere fino al bordo del colletto, la fa risalire. Le unghie scheggiate graffiano la pelle. Muovo la testa, ma la mano si chiude intorno alla base della treccia.

«Lasciamo nella via dietro.» Ha la voce acuta e si mangia le parole.

Ah, è una di quelle serate in cui mi dimostra come rispetta la mia verginità.

Giro intorno alla palazzina rossa dove vive e giro a sinistra, dentro i parcheggi del supermercato. La luce gialla dei fari si interrompe contro il muretto in mattoni. Li spengo e rimane solo il chiarore del lampione all’entrata dello spiazzo.

Carlo mi lascia la treccia e fa scattare la cintura di sicurezza. Ha la patta dei pantaloni aperta e la t-shirt è alzata, quel tanto che basta per far fare capolino alla punta del cazzo.

Mi poggia un bacio a stampo sulle labbra. Fa scattare anche la mia cintura e con l’altra mano mi accarezza la testa. Ha le labbra semiaperte e il respiro rapido.

«Faccio schifo, lo so. Sono un uomo…»

Mi spinge la faccia sul cazzo. Profuma di pino: almeno si lava e da questa angolazione è solo un pene. Potrebbe essere di chiunque, anche del bel moretto del reparto vendite.

Lecco le labbra e aspiro il calore che viene da sotto: se lo prendessi subito in bocca capirebbe che mi piace e tirerebbe su un casino.

Devo essere paziente. Devo essere santa. Devo essere virtuosa.

Ansima. «Ti prego, angelo mio. Fallo per me.» Preme sulla mia testa e mi schiaccia la bocca sulle palle.

Strofino le ginocchia tra loro. Faccio scendere una mano tra le gambe. No, meglio dopo, a casa. Mi metto in ginocchio sul sedile e apro le labbra.

Carlo mi alza la testa, me lo ficca dentro e mi spinge giù. Mi riempie la bocca e affonda in gola; sotto la pelle liscia la carne pulsa di vita propria.

Chissà se anche il cazzo del moretto è asprigno e sodo come un pomodoro maturo. Sarebbe bello succhiarglielo. Lui magari farebbe scendere una mano lungo la mia schiena, mi alzerebbe la gonna e mi ficcherebbe due dita nella figa. Magari dopo ci metterebbe anche qualcos’altro.

Ho il petto pesante, ad ogni respiro un’ondata di calore mi prende in mezzo alle gambe.

Muovo le labbra su e giù lungo l’asta e gioco con la lingua intorno alla punta. Ho la bocca piena di saliva, rivoli escono dagli angoli e scendono sul mento.

Le mani mi premono ancora di più verso il basso, solletico le palle con il naso. La gola si contrae intorno alla punta: apro la bocca in cerca di aria, ma Carlo spinge ancora. Mi brucia la gola. Emetto un piccolo lamento. Una colata di saliva scivola fuori e si raccoglie sotto il mento.

Carlo sposta le mani. Alzo la testa e prendo una boccata d’aria.

Tiene gli occhi semichiusi e si morde il labbro inferiore. Mi poggia una mano sulla testa, l’altra chiusa intorno al cazzo. Se lo mena su e giù. Strizza gli occhi e un getto di sborra mi colpisce il naso e la bocca, caldo e amaro.

Raccolgo con il dorso della mano le gocce di sperma che mi scivolano sul collo, prima che sporchino la maglietta. Abbasso la gonna e mi raddrizzo. Tiro fuori una salviettina umidificata dal dispenser vicino al cambio e pulisco il pasticcio che ha combinato Carlo, come al solito.

Lui si riallaccia i pantaloni.

«Grazie amore, ci voleva proprio.»

Forse gli dovrei chiedere di ricambiare il favore, per una volta. No, mi risponderebbe che le ragazze per bene non hanno queste esigenze.

«Di niente. Ci sentiamo domani.»

Fa un cenno di saluto e scende. Si allontana nello specchietto retrovisore, sparisce.

La figa brucia. Metto una mano sotto la gonna: le mutandine sono fradice. Che shock sarebbe per Carlo: perfino io mi bagno!

Mi giro: il parcheggio è deserto.

Scosto le mutandine e affondo indice e medio dentro di me. Chiudo gli occhi, muovendo le dita avanti e indietro. Stringo un seno con la mano libera. Contraggo la figa intorno alle dita, mi accartoccio, l’aria abbandona il mio corpo e mi sciolgo.

Apro gli occhi. Prendo una salviettina e asciugo le dita.

Come sarebbe con un’altra persona dentro?

Mi mordo le labbra. Non dovrei pensare a certe cose: le brave ragazze non la danno via prima di sposarsi. Le brave ragazze si conservano per un unico uomo e io sono una brava ragazza.

Sono una brava ragazza, vero?


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