Sexify”, la nuova serie polacca di Netflix, vorrebbe parlare di orgasmo e di imprenditoria femminile, entrambe tematiche interessanti. Di fatto, non riesce a fare nessuna delle due cose.

Dovrei piantarla di farmi del male così e lasciare il compito al buon Mela: mi darebbe sicuramente più soddisfazioni. Eppure continuo imperterrita a guardare telefilm di dubbia qualità, che si preannunciano imbarazzanti fin dai primi episodi. Chissà, magari spero in un colpo di scena a metà stagione che mi faccia cambiare idea; oppure sono più masochista di quanto non mi piaccia ammettere.

Tutto questo pippone per dire che “Sexify” fa cagare su tutta la linea: struttura della storia, contenuti, messaggio finale. Davvero, una Caporetto del telefilm al femminile. Vediamo di tirarne fuori qualcosa di buono.

La trama

Dio santo, le premesse non erano nemmeno malvagie.

Natalia è una studentessa di informatica che sta lavorando a una app per ottimizzare il sonno, da presentare a un concorso universitario che mette in palio un sostanzioso finanziamento. Peccato che il professore bocci la sua idea e la metta di fronte a una scelta:

  • unirsi al progetto di un altro gruppo, ma Natalia è del tutto incapace di socializzare, se non proprio nello spettro autistico;
  • lavorare a una nuova app, ma mancano solo 3 mesi al concorso.

Insomma, la nostra protagonista è in merda.

Dopo un tentativo fallimentare di unirsi al progetto di un compagno di corso, Natalia decide di convertire la sua app sul sonno in una app per ottimizzare l’orgasmo femminile. Sarebbe anche una bella idea, non fosse che lei è vergine e probabilmente asessuale.

Ad aiutarla nell’impresa ci saranno la sua migliore amica Paulina e la figlia di papà Monica. La prima sta insieme a un uomo che non sa nemmeno cosa significhi la parola “preliminare”. La seconda scopa come un riccio, ma riesce a venire solo se pensa al suo ex. Il terzetto delle meraviglie.

Si può sapere di cosa parla “Sexify”?

E tu mi dirai: “ma non l’hai scritto sopra?” Ni: sopra ti ho esposto la trama di “Sexify”, ma qui sto parlando del tema della storia, il filo rosso che unisce tutte le mirabolanti avventure di protagonista e coprotagoniste. Non dev’essere niente di particolarmente profondo, basta che ci sia: serve a rendere la narrazione organica, non a svelarti il senso della vita.

In una storia scritta come si deve, il protagonista ha un difetto fatale in linea con il tema scelto (ne parlo anche nella recensione di “Ho imparato a odiarti”). Non è l’unico difetto che ha, sia chiaro, ma è l’unico rilevante ai fini della trama. Se non sarà in grado di superare quel difetto, infatti, non riuscirà ad affrontare le sfide che gli si presentano davanti e perderà per sempre qualcosa di importante. In questo modo tutta la vicenda verte su questo tema e dimostra il punto di vista dell’autore a riguardo. Se il tema non è chiaro, è improbabile che il difetto del protagonista lo sia: sono due cose strettamente legate.

Se nella storia ci sono un protagonista con dei coprotagonisti, come in questo caso, ciascuno di essi incarna una variante dello stesso difetto fatale. Questo è importante per mantenere la narrazione coerente e organica.

Spesso lo spettatore non si rende nemmeno conto dell’esistenza di questo filo rosso, ma si accorge fin troppo bene della sua mancanza: la storia non va da nessuna parte e non se ne capisce il punto, i protagonisti sono superficiali, il finale è stupido… Sono le rimostranze tipiche, in questi casi.

Quale problema devono risolvere le protagoniste?

Di cosa parla “Sexify”, quindi? In teoria, basterebbe trovare il difetto fatale delle protagoniste per capirlo. In teoria.

All’inizio, pensavo che fosse l’importanza di imparare a comunicare: Natalia è incapace di interagire con gli altri, appunto, quindi sarebbe un difetto fatale perfetto per lei. Anche Paulina ha dei seri problemi di comunicazione con il compagno. Inutile specificare quanto si sposi bene con la questione dell’orgasmo femminile.

Il tema della comunicazione emerge anche con Monica, soprattutto in alcuni dialoghi con la madre. Ciononostante, non so quanto si applichi bene a lei.

All’inizio della storia, Monica non frequenta l’università, il padre le ha appena tagliato i fondi, scopa con chiunque per noia. A occhio, sembrerebbe una persona che non ha ben chiaro cosa vuole fare della propria vita, più che una persona incapace di comunicare.

Man mano che la storia va avanti, il focus inizia a ballare ancora di più: il tema della comunicazione sparisce, di fatto. Sembra che il telefilm si concentri soprattutto sull’importanza di conoscersi e di seguire la propria strada, anche quando è diversa da quella che vorrebbero gli altri. Si adegua alla vicenda di Monica, insomma.

Il tema in questione non sarebbe nemmeno male, intendiamoci, e potrebbe essere in linea con le vicende di Paulina. Ci sono due problemi, però:

  • sarebbe dovuto essere centrale fin dall’inizio per tutte, non cicciare fuori a metà stagione;
  • non c’entra un tubo con Natalia, almeno per buona parte del telefilm.

Una protagonista che non agisce

Natalia è un personaggio privo di una direzione e si vede: agisce poco e, quelle poche volte che lo fa, non ottiene niente. Ben presto la storia finisce in mano alle due coprotagoniste, in particolare a Monica. È quest’ultima che trova la “soluzione” per la app, che la mette in atto, che le prepara un pacchetto accattivante. Natalia si limita quasi sempre a seguirla.

Il problema di Natalia è che ha un mucchio di difetti, ma non un unico difetto fatale. Come detto sopra, il protagonista dovrebbe avere un difetto che spicca su tutti gli altri da risolvere. Natalia ha problemi di comunicazione, non conosce il proprio corpo e non ha ben chiaro cosa vuole, è troppo influenzata da ciò che la società vorrebbe da lei, è incapace di collaborare. Ciascuna di queste cose le mette i bastoni tra le ruote e rischia di farla fallire, ma nessuna si delinea come IL problema da risolvere.

Ovvio che non si capisca un tubo!

Verso la fine il suo personaggio trova pressapoco una direzione, adeguandosi a quella presa dalle altre e aperta da Monica. Lo fa dopo aver passato tutto il telefilm girando a caso e senza cambiare (ovviamente, perché come dai un arco di trasformazione a un personaggio senza un difetto fatale?). Sarebbe stato già abbastanza brutto per un personaggio secondario, ma è inaccettabile per un protagonista, che dovrebbe essere il motore della storia.

Il clitoride, il grande assente

Ottimo, abbiamo demolito “Sexify” sul fronte della scrittura. Passiamo al resto.

Senza fare spoiler, alla fine il telefilm pare volersi concentrare sull’importanza di conoscersi e di trovare una propria dimensione, indipendentemente da quello che vogliono gli altri. Non solo il tema spunta fuori verso la fine – e no, non basta un monologo appassionato della protagonista per renderlo il vero tema del telefilm – ma è in aperta contraddizione con buona parte di ciò che vediamo.

Parliamo di orgasmo femminile, no? Sapete chi è il grande assente, in tutto questo? Il clitoride, dio santo, il clitoride! Si calcola che più dell’80% delle donne non riesca ad avere un orgasmo senza la stimolazione del clitoride, punto percentuale in più o in meno. Eppure, in un telefilm che vorrebbe parlare di orgasmo femminile, questo viene citato a dir tanto tre volte e solo di sfuggita.

Si cerca la chiave universale del piacere e si dimentica il cazzo di passepartout che abbiamo in mezzo alle gambe!

In “Sexify” il piacere femminile è sempre trattato in relazione alla penetrazione, in linea con i peggiori stereotipi da film porno mainstream. E no, non è la visione iniziale che verrà poi contraddetta dai fatti: dall’inizio alla fine, l’orgasmo femminile è quella cosa che avviene con un partner e mediante penetrazione. La masturbazione viene trattata solo di sfuggita e quasi sempre in termini negativi.

Con buona pace del “seguire altre strade”, “conoscere te stessa” e queste cose qui. Complimenti.

Asessualità, il grande sconosciuto

La peggiore contraddizione a quello che vorrebbe essere il messaggio finale, però, arriva da Natalia. La nostra cara Natalia è asessuale, è evidente: non si masturba, non le interessa il sesso, non prova alcun tipo di eccitazione neanche quando è fatta fino alla punta dei capelli. Non è una persona inibita come Paulina: non gliene frega proprio niente.

Sarebbe stato un aspetto interessantissimo da esplorare, specie in linea con il “conosci te stessa e fai il cazzo che vuoi”. Si sarebbe potuto costruire un arco nel quale lei cercava disperatamente di interessarsi al sesso, fino a prendere atto della propria asessualità e abbracciarla. Ci ho (ingenuamente) sperato fino alla fine.

Che povera illusa.

In realtà, alla fine del telefilm Natalia si butta sul classico “non conosco me stessa e non so come comunicarlo”, presentando la app come la soluzione al problema. Insomma, la ciliegina su una torta di merda.

Devo anche specificare che non vi consiglio la visione di “Sexify”?