“La scandalosa vita di Bettie Page” è un film biografico dedicato alla pin-up icona. Nonostante le tante buone intenzioni, la sostanza è pochina


Quando si parla di bondage vintage, si parla di Bettie Page. Bettie era più di una modella fetish: era un simbolo di libertà sessuale. Si metteva in posa senza inutili pudori, regalando all’obiettivo il sorriso contagioso di chi sta bene con il proprio corpo. In un periodo caratterizzato da bigottismo e chiusura mentale come gli anni ‘50, era una boccata di aria fresca.

La scandalosa vita di Bettie Page” (“The notorious Bettie Page”), diretto da Mary Harron, cerca di ritrarre la donna dietro l’icona. Purtroppo il tentativo fallisce miseramente.

Trama di “La scandalosa vita di Bettie Page”

Il film segue circa metà della vita di Bettie Page, dall’infanzia segnata dagli abusi del padre fino all’abbandono della carriera da modella. Dal punto di vista biografico, il film è abbastanza preciso e racconta tutti gli episodi più importanti. Verso l’inizio, vediamo anche lo stupro di gruppo di cui la pin-up fu vittima negli anni ‘40.

La narrazione segue due linee temporali: il passato di Bettie si intervalla con le scene di lei in tribunale nel 1955, chiamata a testimoniare contro il suo capo Irving Klaw. L’uomo è infatti nei guai a causa di alcune foto “pornografiche”, molte delle quali ritraenti Bettie Page stessa. Negli ultimi minuti del film, le due linee temporali convergono e portano al finale: nonostante abbia atteso pazientemente per 12 ore, Bettie viene mandata via senza essere ascoltata.

Dopo il disastroso processo a Irving Klaw, sembra tutto perduto per Bettie: la scure della censura è calata sul suo mondo. L’ultimo dell’anno, però, Bettie entra in una chiesa e ritrova la fede in Dio. Nelle ultime scene del film la vediamo intenta a predicare per strada. Un uomo la ferma e i due parlano della sua carriera di modella, della quale lei non è né pentita né imbarazzata.

Vita dura per gli amanti del bondage

Una foto fetish di Bettie Page
Mi sento buona e parto con gli aspetti più interessanti di “La scandalosa vita di Bettie Page”. Soprattutto nella seconda parte, il film si concentra sulla fiorente industria delle foto fetish negli anni ‘50. La vita di noi poveri pervertiti era dura a quel tempo: internet era fantascienza e la pornografia era proibita in generale. Figuriamoci quella di stampo BDSM, poi.

Irving Klaw aveva fondato il proprio business su queste restrizioni, come un novello contrabbandiere d’alcool durante il Proibizionismo. La sua agenzia vendeva foto su commissione, molte delle quali con una chiara impronta fetish. Nelle foto non c’era traccia di nudità completa né tanto meno di atti sessuali. Molti dei video riproducevano scene prese da film, sostituendo i personaggi originali con belle ragazze in biancheria intima. Un affare a prova di bomba, insomma.

Il buon Irving non aveva fatto i conti con una cosa: se i potenti ce l’hanno con te o con quello che rappresenti, troveranno sempre una scusa per fregarti. La Commissione sulla Delinquenza Giovanile collegò le foto di bondage di Inving a un caso di suicidio. A causa di questo l’uomo finì in tribunale e buona parte del suo lavoro venne bruciato. Le foto di Bettie si salvarono solo grazie alla sorella Paula Klaw, che le nascose perfino al fratello.

Tutto questo viene mostrato abbastanza bene nel film, dandoci un’idea di quale fosse il clima a quel tempo.

Confronto con “La vera vita di Bettie Page”

Nel 2012, qualche anno dopo il film, uscì il documentario “La vera vita di Bettie Page” (in originale “Bettie Page Reveals All”). In questo caso abbiamo la voce di Bettie Page in sottofondo a raccontare alcuni dei punti salienti della sua vita. Il tutto è accompagnato da immagini dell’epoca e testimonianze di chi la conosceva.

Nella seconda parte del documentario, verso la fine, scopriamo anche cosa ne pensava Bettie del film:

Lies, lies, lies! L-I-E-S! Why don’t you tell the truth? (Bugie, bugie, bugie! Perché non dite la verità?)

Pare chiaro che il film non l’avesse elettrizzata (e come darle torto). Ad onor del vero, però, “La scandalosa vita di Bettie Page” non pare discostarsi così tanto da quello raccontato nel documentario. Entrambe le opere restituiscono l’immagine di una Bettie spregiudicata e allegra, che amava il proprio corpo e non si faceva problemi a mostrarlo. Se la realtà dei fatti era diversa, allora sono state entrambe le opere a fallire.

I problemi sono ben altri, come vedremo nel prossimo paragrafo.

Rispetto al film, il documentario si muove un po’ più in avanti negli anni. Dopo l’uscita dalle scene, Bettie sparì e non se ne seppe più niente. Si sapeva che aveva ritrovato la fede, ma non molto di più. Purtroppo la triste vecchiaia di Bettie Page venne fuori solo dopo l’uscita del film, all’uscita del documentario. La ex modella iniziò a manifestare i primi sintomi di schizofrenia paranoide e passo 10 anni in ospedale psichiatrico.

Perché il film non funziona

Scena tratta da The Notorious Bettie Page
Per spiegare che cosa non va nel film, devo fare una premessa su come si struttura una storia.

Tutte le storie, libri o film, hanno un tema di fondo che funge da filo rosso. Non è necessariamente una morale o un insegnamento; è più che altro il punto di vista dell’autore sulle vicende. Gli spettatori normali1 non percepiscono questo filo rosso ed è giusto così: non dev’essere buttato in faccia a chi guarda. Eppure quando manca si sente la differenza: la storia si sfalda e perde consistenza.

Il problema dei film biografici è che si basano su storie prive di un tema di fondo, dato che la vita non ha un senso intrinseco2. Un buon sceneggiatore dovrebbe quindi aggiungere il proprio punto di vista, scegliendo cosa mostrare e come in base a quello che vuole dire. Non dare un punto di vista non è una scelta: le storie ci piacciono proprio perché hanno un senso, anche quando non sapremmo metterlo a parole.

Manco a dirlo, nella sceneggiatura di “La scandalosa vita di Bettie Pagemanca totalmente questo filo rosso.

Soprattutto all’inizio, il film butta dentro tante scene slegate per ricostruire la vita di Bettie nel modo più fedele possibile. Si tratta di un approccio a mio vedere abbastanza vigliacco: tutti i film biografici di qualità si prendono il rischio di cambiare o saltare qualcosa. Sarà brutto a dirsi, ma è l’unico modo per ottenere un buon film, che trasmetta un punto di vista sulla persona di cui parla. In questo film non succede e il risultato è sotto l’occhio di tutti.

In conclusione, consiglio la visione del film solo a chi vuole farsi un’idea di come funzionasse la fotografia erotica negli anni ‘50. Per il resto, è evitabile.


1 Quelli che non hanno mai studiato sceneggiatura, non quelli che non amano i frustini. Io non sono normale in nessuno dei due sensi.

2 O ce l’ha e noi non lo vediamo. Scegli l’opzione che preferisci.