Quando ho visto per la prima volta il trailer di “Cuties”, film Netflix girato da Maimouna Doucouré, non avrei mai pensato di difenderlo. Il trailer parla infatti di una bambina di undici anni che insegue la propria passione per il ballo insieme a un gruppo di amiche, anche a costo di mettersi contro la propria famiglia.

Vestendosi come una ventenne e simulando rapporti sessuali a suon di musica.

Con queste premesse, l’incazzatura con cui è stato accolto il film è abbastanza comprensibile. Peccato che “Cuties” non parli di questo. Detta in soldoni, il trailer parla di un film che non esiste e ha fatto un pessimo servizio al vero film, spingendo la gente a invocarne la cancellazione prima ancora dell’uscita.

Il film esce nonostante tutto, le persone hanno modo di vedere di cosa parla davvero il film e, sorpresona, non cambia un tubo. Anzi, gli youtuber americani paiono essersi addirittura incattiviti. Avranno ragione?

Spoiler: secondo me no, anche se il film ha davvero delle grosse criticità e, secondo me, risulta meno controverso di quanto vorrebbe essere.

La trama

Appurato che non è la storia di un gruppo di amicone con la passione del ballo, di cosa parla davvero “Cuties”?

Il film inizia presentandoci Amy, undicenne di origini senegalesi trasferitasi da poco con la madre e i due fratellini. Il padre è rimasto in Senegal per motivi ignoti, che si scopriranno essere una seconda moglie che verrà a vivere con loro e con la prima moglie.

Per una serie di coincidenze Amy si imbatte nelle Cuties, un gruppo di coetanee aspiranti ballerine. Le quattro ragazzine si vestono come ventenni, aggrediscono i compagni di scuola fanno confusione al supermercato, bullizzano gli altri ragazzini e la stessa Amy. Eppure, la protagonista si innamora della loro indipendenza e delle loro sessioni di ballo.

Dopo un po’ di tira e molla, Amy entra a far parte del gruppo e inizia a ballare con loro. Inizia così il suo viaggio per emanciparsi dalle regole della famiglia, anche se le cose potrebbero non andare come crede lei…

Di cosa parla davvero “Cuties”

“Cuties” parla della vergine e della puttana, ovvero le due immagini di femminilità che ci vengono calate dall’alto fin da quando siamo bambine, e le condanna entrambe.

Da una parte, Amy subisce i dettami restrittivi della famiglia e della religione, che le impongono di mettere la sua femminilità al servizio dell’uomo come madre e moglie. Dall’altra, viene attratta dall’apparente libertà di chi mette in vetrina il proprio corpo, sia con vestiti succinti sia con atteggiamenti dalla forte connotazione sessuale.

Da una parte c’è la donna che sparisce sotto strati di veli e di vestiti. Dall’altra c’è la donna che sparisce sotto la propria stessa nudità.

Ben presto, Amy si rende conto che la libertà delle sue “amiche” è solo apparente. In realtà, seguono regole rigide come quelle provenienti dalla sua famiglia, spesso senza comprenderne le implicazioni. La ragazzina si trova così invischiata in una rete di errori sempre più gravi, nel tentativo inutile di uniformarsi e di farsi accettare dalle altre.

Paradossalmente (ma neanche troppo), il personaggio più positivo proviene proprio dall’ambiente repressivo in cui Amy è nata ed è quello della madre. Alla fine, sarà lei ad aiutare la figlia a trovare un proprio equilibrio e a tornare la bambina che a undici anni dovrebbe essere.

Come la condanna inizia fin dai primi minuti

Sapete qual è la cosa più ridicola di tutta questa storia? La gente che accusa “Cuties” di inneggiare alla pedopornografia. Il film è indubbiamente forte e ci sono scene che ho fatto una fatica fisica a guardare. È vero che certe persone potrebbero “fruire” di queste scene in modo diverso da quanto inteso dalla regista, un problema da tenere in considerazione.

Da qui ad accusare la regista di fare pedopornografia ne corre, però, specie perché l’intento è palese fin dai primi minuti.

Per andare avanti, devo annoiarvi con due concetti fondamentali per la creazione di una buona storia.

Il punto di vista del protagonista e quello dell’autore non sono la stessa cosa. L’autore non necessariamente concorda con la visione del mondo del protagonista e, anzi, qualche volta la condanna. Come si fa a capire cosa pensa davvero l’autore? Basta guardare cosa ci mostra e che direzione prende la storia.

I primi minuti del film servono a farti affezionare al protagonista, affinché tu prenda a cuore la sua sorte. In queste primissime scene, capisci da che parte devi stare.

Nei primi minuti di “Cuties”, la regista fa due cose:

  1. ci fa empatizzare con Amy, presentata come una bambina sensibile e volenterosa;
  2. spala merda sulle Cuties, che vediamo aggredire compagni di scuola, rubare e altre amenità.

Spiegatemi come si fa a pensare che la regista stia promuovendo un certo tipo di comportamenti, quando i personaggi che li incarnano sono presentati fin da subito in modo negativo. È vero, Amy ne subisce il fascino, ma noi spettatori veniamo messi in guarda molto chiaramente.

Una condanna… blanda?

La posizione della regista viene rinforzata dagli stessi personaggi adulti del film, unanimi nel condannare questi atteggiamenti. L’unica eccezione sono i giudici del concorso di ballo, che rappresentano la realtà deviata dello show business.

A voler essere del tutto sinceri, però, la regista è stata anche piuttosto blanda, sotto certi aspetti. Il film rappresenta una società con un approccio poco sano al sesso, approccio che cala dall’alto sulle nuove generazioni. Senza la guida degli adulti, queste assorbono la visione distorta in modo acritico e cercano di adeguarsi a modelli per loro incomprensibili, scimmiottando quello che vedono online.

Il punto è che non c’è una rappresentazione chiara di come le Cuties siano diventate così. Amy si è fatta trascinare a causa di problemi temporanei, che hanno spinto la madre ad essere assente. E le altre? Le altre sono figurine di cartone, prive di passato e di famiglia, a parte forse per Angelica. L’unico grande colpevole che emerge è una generica “società” rappresentata dai cellulari. E i genitori? E gli insegnanti?

Mi pare una condanna un po’ monca.

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È stato giusto usare delle bambine vere?

Risposta breve: no. Non credo che sia stata una grande idea, dato che ha esposto delle bambine reali alle attenzioni di predatori sessuali altrettanto reali. Qualche cospirazionista insinua addirittura che sia stato appositamente a favore dei predatori sessuali, il che è abbastanza ridicolo.

Tra l’altro, questa scelta ha reso il film vulnerabile agli attacchi che stiamo vedendo, mettendo in ombra la condanna portata avanti dal film. Tutti si concentrano sul fatto che delle undicenni vere hanno sbatacchiato il sedere di fronte a una telecamera. Nessuno pensa alle migliaia di undicenni che lo fanno con un pubblico minore ma potenzialmente più pericoloso, di nascosto dai genitori.

Quando il saggio indica la luna, gli youtuber guardano il dito. O forse non era proprio così.

Ad ogni modo, probabilmente il medium migliore sarebbe stato un cartone animato tipo “Undone” o qualcosa del genere. Per chi non lo avesse visto, questo piccolo capolavoro è stato realizzato usando il rotoscopio. Semplificando a mille, si parte da una pellicola filmata con una tecnica particolare e ci si disegna sopra.

Il cartone animato, anche se realizzato con il rotoscopio, avrebbe permesso di avere personaggi undicenni senza usare undicenni vere. Il problema è che realizzare un cartone animato costa davvero molto; è stata tipo la prima cosa che ci hanno insegnato al corso di sceneggiatura per l’animazione. Non ho quindi idea se la regista avesse i mezzi per raccontare questa storia usando il cartone animato.

Perché Netflix ha lavorato con il culo

Prima locandina di "Cuties"Certo che anche Netflix ci ha messo il suo, perché il film non era abbastanza problematico anche senza le loro minchiate.

Il problema del trailer è che ci mostra solo la condanna alle tradizioni repressive della famiglia di Amy. Delle Cuties, invece, fa vedere solo le scene di ballo e le battutine simpatiche. Sembra quindi che il film condanni la repressione sessuale, in favore di una sessualità allegra e disinibita. Che non sarebbe nemmeno un brutto messaggio, non fosse che le protagoniste hanno undici anni.

Il finale di “Cuties”

Scomodo il buon Victorlaszlo88, che in un suo video ha definito il finale di “Cuties” “didascalico”. Concordo con lui: il finale del film è didascalico e dà l’impressione di c’entrare poco con tutto il resto. Il punto è che non è un impressione: è davvero fuori luogo con il resto della storia.

Riassunto spoiler di Cuties

Per farti capire cosa intendo, faccio un passo indietro e ti spiego cosa succede dopo che Amy si unisce alle Cuties. In sostanza, inizia a combinare una stronzata dietro l’altra:

  1. ruba il cellulare al cugino;
  2. propone alle altre una coreografia che ha del pornografico;
  3. inizia a ignorare i fratellini e a disobbedire;
  4. prega le Cuties di non buttarla fuori, dopo che ha paccato le eliminatorie del concorso per sbaglio;
  5. ruba i risparmi della madre per arruffianarsi le altre con regali;
  6. inizia a vestirsi come le altre Cuties, se non peggio;
  7. si propone sessualmente al cugino cui aveva rubato il cellulare (che la manda a cagare);
  8. mette online una foto dei propri genitali, dopo la qual cosa le altre la buttano fuori dal gruppo e la madre la sottopone a una specie di esorcismo;
  9. scappa di casa, butta una delle altre Cuties in un canale e ne prende il posto al concorso.

Bene no. E come si sviluppa tutto questo, nel finale?

Una volta sul palco, Amy si sente in colpa e torna a casa. A casa, molla sia i vestiti da ballo sia l’abito tradizionale, vestendosi in modo un po’ più adulto rispetto all’inizio ma comunque sobrio. Dopodiché va a giocare con gli altri bambini per strada.

Potresti aver notato che, appunto, il cambiamento finale sembra un po’ improvviso. No, non ho saltato eventi chiave: Amy si comporta da testa di minchia proprio come descritto.

Il punto è che, probabilmente, il finale non doveva essere quello.

Con due atti, il terzo è in omaggio

Te la faccio semplicissima: se conosci un minimo di tecniche di sceneggiatura, verso metà film sai già come butta. Non puoi sapere esattamente come andrà a finire (si spera), ma pressapoco capisci che fine farà il protagonista.

In una buona sceneggiatura, il protagonista inizia a cambiare verso metà film. Il cambiamento non è ancora completo ed è difficoltoso – altrimenti sai che palle – ma ti permette di capire più o meno cosa ne sarà di lui alla fine.

Il cambiamento di Amy nella seconda parte del film è del tutto slegato dal cambiamento finale. Due minuti prima di salire su quel palco, Amy stava buttando una sua ex-amica in un canale. Prima ancora, stava pregando le altre Cuties di non piantarla in asso e di farla ballare con loro. E prima ancora, si stava proponendo sessualmente al cugino.

Il punto è che Amy non ha proprio capito un cazzo nel corso del film. Niente di niente. Nada. Niet. Quell’illuminazione finale è stata appiccicata con lo sputo, ecco perché sembra così fuori posto. Forse la regista non se la sentiva di far finire il film male come avrebbe dovuto. Forse i produttori non volevano un finale negativo.

Non lo so. So solo che quello non è il finale di “Cuties”, ma il terzo atto di un altro film appiccicato dopo i primi due.

Alla fine, com’è?

Nel finale (del cazzo) l’intento della regista è chiarissimo e le accuse splendono in tutto il loro ridicolo. Mi chiedo solo: il film vale davvero tutta questa attenzione, i boicottaggi, il crollo in borsa? Secondo me no, specie perché scandalizza ma si trattiene su molte cose.

La storia dà una rappresentazione semplicistica del problema, muovendosi sulla superficie delle cose. Sospetto che la regista avesse anche un po’ paura di mostrare la cattiveria reale di cui sono capaci i ragazzini. Per non parlare poi del finale.

Insomma, un film con una sceneggiatura mediocre, nonostante la regia di alto livello. Questo non significa che dovrebbe essere cancellato da Netflix.

Anche perché, altrimenti, del catalogo rimarrebbe ben poco.