Quante volte un massaggio è diventato una scusa per qualcosa di più? Nella realtà, meno di quanto ci piacerebbe. Nei racconti erotici…

Sfilo il vestito e lo butto sulla sedia davanti alla scrivania. Levo i tacchi con un calcio, facendoli finire dall’altra parte della stanza.

Riccardo si toglie le scarpe e le poggia vicino al suo comodino, una accanto all’altra. Segue con lo sguardo i miei collant appallottolati che volano dietro i tacchi. Alza un sopracciglio.

Faccio spallucce. «Tanto sono da lavare.»

«Ci vuole poco a metterli nel cesto―»

Lo prendo per la cravatta e lo strattono verso di me. Gli poggio un bacio a stampo sulle labbra: sanno di birra. O forse sono le mie. Faccio uscire la lingua e cerco un varco nella bocca serrata di Riccardo. Ne seguo il profilo, mi sposto sulla guancia e sul collo.

Riccardo tira indietro la testa e scopre la gola. «Vuoi distrarmi?»

Passo la lingua sulla gola, fino al collo della camicia. Slaccio un paio di bottoni e scendo ancora. Risalgo fino al collo, mi stacco.

Mi siedo sul bordo del letto, gambe accavallate.

«Non dovevi farmi un massaggio?»

«Un massaggio?» Aggrotta la fronte.

«Me l’hai promesso prima, quando eravamo ancora al ristorante.»

Slaccia gli ultimi bottoni della camicia. Si siede accanto a me, la camicia aperta ancora indosso. Fa correre gli occhi lucidi dal mio viso al seno scoperto, giù fino alle mutandine.

Si lecca le labbra. «Okay, vada per il massaggio. Sdraiati a pancia in giù.»

Faccio come mi ha detto. Incrocio le braccia sotto la testa e chiudo gli occhi. I muscoli si rilassano, è come se stessi scivolando dentro il materasso e poi ancora più giù. La testa è pesante.

Il materasso si abbassa sotto di me e le gambe di Riccardo mi sfiorano all’altezza delle reni. Le sue mani calde si poggiano sulla mia schiena, la accarezzano dalle spalle lungo la colonna vertebrale. Si staccano.

Qualcosa di morbido e tiepido mi tocca una spalla. Vibra e le sua vibrazioni penetrano dentro la mia carne, sciolgono le tensioni.

Apro gli occhi e faccio per alzare la testa.

La mano di Riccardo mi spinge contro il cuscino. «Tu non ti preoccupare.»

Le vibrazioni si spostano sull’altra spalla, scendono sulle clavicole.

Lascio andare un sospiro.

Riccardo avvicina la bocca al mio orecchio. «Devo andare avanti?»

«Ti prego…»

Il massaggio si abbassa, prende una chiappa, l’altra chiappa. Prosegue nell’interno coscia e una vampata di calore mi prende il bassoventre.

Giro la testa, ma Riccardo mi ricaccia giù. La sua mano preme contro la mia guancia, il pollice si insinua tra le labbra. Alzo gli occhi e la sua ombra è piegata sopra di me, incorniciata dai lembi aperti della camicia.

Solleva il busto e infila prima una gamba e poi l’altra in mezzo alle mie, inginocchiandosi dietro di me e costringendomi ad aprirmi per lui.

«Ti vedo un po’ tesa in questa zona.»

La vibrazione sfiorano la figa.

«Ah! Ma cosa―»

La mano di Riccardo si stringe intorno alla mia bocca.

«Piano, che è tardi,» sussurra sopra di me.

Qualcosa di tondo si fa strada tra le mie gambe, penetra dentro di me. Un’altra escrescenza liscia e tiepida mi sfiora il clitoride: un vibratore rabbit? Non importa. Le vibrazioni mi fanno tremare da dentro e da fuori.

Tiro indietro gli occhi e gemo, ma la mano di Riccardo soffoca i miei lamenti.

«Va meglio? Sei più rilassata?»

Il vibratore si spegne. Riccardo si alza e scende dal letto.

«Non ti muovere, non girarti.»

Qualcosa scivola a terra, un cassetto si apre e si richiude. Il materasso si abbassa e Riccardo è in mezzo alle mie gambe. Si piega su di me con un grosso sorriso in faccia. Stringe le sue mutande in pugno.

«Vuoi che prosegua con il massaggio?»

Il senso di vuoto in mezzo alle gambe mi prende la gola e toglie il fiato.

«Sì, scopa―»

Ficca l’involto di mutande tra le mie labbra e lo spinge fin quando non è tutto dentro. La stoffa sa di ammorbidente e di sudore e mi sfiora la gola, mozzandomi il respiro.

Riccardo mi accarezza una guancia sformata dal bavaglio. «Amore, è tardi. Bisogna fare silenzio.»

Giusto: bisogna fare silenzio.

Il vibratore rabbit riparte.

Conficco le unghie nelle lenzuola e vi affondo la faccia dentro. Alzo i glutei e Riccardo li accarezza con movimenti circolari. Allontana la mano e armeggia alle mie spalle. Due dita viscide e fredde penetrano nel mio culo.

«Vedo che ti piace il massaggio.»

La punta del cazzo si fa strada al posto delle dita. Entra ed esce, entra di nuovo più a fondo. Si muove dentro di me al ritmo del vibratore, penetra tutto fino in fondo. Le palle di Riccardo rimbalzano contro le mie chiappe e lui mi spacca in due, affondando fin dentro le viscere.

Muovo la bocca intorno al bavaglio, mugolo di piacere. Il mondo si annulla nel mio orgasmo.

Riccardo si poggia sopra la mia schiena, il suo corpo contro il mio. I suo capelli mi sfiorano il naso, i suoi occhi incontrano i miei. Sorride. Digrigna i denti, stringe gli occhi e viene.

Sbatte gli occhi, si solleva e scivola accanto a me. Mi accarezza la testa e sfila le mutande dalla mia bocca.

È indolenzita: la apro e la chiudo un paio di volte.

Sogghigna. «Andava bene il massaggio?»

Sfilo il sex toy dalla figa: ha usato il vibratore rabbit con la testina da magic wand, il furbacchione.

Faccio spallucce. «Sì, poteva andare.»

Aggrotta la fronte. «Come poteva andare?»

Rispondo con una linguaccia e lo spingo a pancia in giù. Gli salto a cavalcioni.

«Dai, che adesso è il mio turno di farti un massaggio.»

Lascia andare le braccia lungo il corpo con un sospiro e chiude gli occhi, annuendo.

Gli accarezzo il collo e scendo lungo la colonna vertebrale. Trema sotto di me.

Mi allungo fino al cassetto del comodino ancora aperto, cercando a tentoni.

«Occhi chiusi, mi raccomando.» La mano sfiora un grosso ferro di cavallo. Tiro fuori lo stimolatore prostatico rabbit.

«Tu rilassati: adesso ci penso io a te.»


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