“Come petali di ciliegio” di Mia Another è un romanzo piacevole ma abbastanza prevedibile. Perché ne parlo, quindi? Perché riesce là dove i più falliscono: rappresentare un rapporto BDSM sano.

Come avrai capito leggendo la mia recensione di “365 Days”, non amo come si rappresenta il BDSM di solito. Il dominante da romanzo erotico medio è quasi sempre un imprenditore di successo e, in teoria, una persona intelligente. Nonostante questo, fa fatica a comprendere concetti elementari come “consenso” o “no”, che pure dovrebbero essere l’ABC del sadomaso.

Insomma, la letteratura erotica BDSM è piena di cloni di Christian Gray, belli e ricchi come lui, abusivi ed ossessivi come lui (se non peggio di lui). Diciamo che c’è poco di cui stare allegri.

Le eccezioni si contano sulle dita di una mano monca e “Come petali di ciliegio” è una di queste.

La trama

L’irlandese Isabel Devlin si è trasferita a Tokyo per rincorrere un sogno: imparare a disegnare dai grandi maestri e diventare una fumettista. Eppure, qualche volta sente di non riuscire a sopportare la nostalgia di casa che l’attanaglia, qualche volta sogna di mollare tutto e tornare a casa. Meno male che c’è Tyler a darle conforto.

Tyler è americano e si è trasferito a Tokyo da ormai sei anni, per studiare medicina alla Todai insieme al suo migliore amico Ryuu. Quest’ultimo è per metà giapponese ed è il ritratto dello studente perfetto, forse perfino dell’uomo perfetto: bello, intelligente, coscienzioso, quasi ossessivo nello studio. Ha solo uno scheletro nell’armadio: pratica il kinbaku, l’arte giapponese del bondage con le corde.

Sulle prime, Isabel e Ryuu si sopportano a malapena e solo per amore di Tyler. Pian piano, però, cominciano a intravvedere nuovi aspetti l’uno dell’altro. Quando Isabel scopre il segreto di Ryuu e gli chiede di legarla per capire cosa si prova, i due stringono un nuovo tipo di rapporto: quello tra rigger e bunny.

Un rapporto che si potrebbe rivelare troppo intimo…

Una storia semplice con personaggi semplici

Mia Another ci racconta il più classico dei triangoli: lui, lei e il migliore amico di lui. Niente che non si sia già visto in tutte le salse immaginabili. La storia è quindi prevedibile, con tanto di finale dolce-amaro chiamatissimo. Eppure, devo dire che non mi è dispiaciuta (anche perché non ne starei parlando, altrimenti).

  1. I personaggi sono ben tratteggiati e coerenti, anche se un po’ stereotipati. Isabel è la ragazza forte e sensibile che farebbe di tutto per realizzare i propri sogni. Tyler è quello che fa sempre il cazzone, nascondendo le proprie insicurezze. Ryuu è il ragazzo giapponese che pensa solo allo studio ed è sempre silenzioso. La cosa buona è che nessuno di essi reagisce in modo stupido solo per amore del colpo di scena, espediente che si vede fin troppo spesso.
  2. Dato che i protagonisti sono persone normali, non c’è il classico colpo di fulmine con i due che si innamorano al primo sguardo non si sa perché. Nonostante ci sia un’attrazione fisica immediata, il sentimento matura nel corso della storia. Verso la fine l’autrice la mena un po’ con il destino, ma io l’ho letta più come un’interpretazione degli eventi fatta dai personaggi1 che come un effettivo espediente narrativo. Di fatto, questo “destino” non fa un ben niente.
  3. Nella sua semplicità, la storia è costruita bene: tornando indietro, ho individuato una struttura in tre atti abbastanza precisa. Forse il terzo atto comincia un po’ troppo tardi, verso l’80% del libro. Ad ogni modo, “Come petali di ciliegio” è costruito di gran lunga meglio di “Yes, my lady”, un’opera precedente della stessa autrice.
  4. Lo stile di scrittura è immersivo e scorrevole, altra cosa che non si vede spesso nei libri italiani. L’autrice ci risparmia spiegoni e descrizioni auliche. Ringrazio con tutto il cuore.
  5. C’è un dominante credibile, finalmente.

Ryuu è un dominante poco dominante?

Ho letto solo di un’altra storia italiana con un dominante che non mi fa venire voglia di chiamare la polizia, ovvero “Il fuorigioco spiegato alle ragazze” di Miss Black. Per certi versi, Ryuu e Byron si assomigliano: sono entrambi tanto dominanti a letto quanto sensibili nella vita di tutti i giorni; nessuno dei due si fa influenzare dal machismo tossico che permea alcuni aspetti della nostra società, letteratura erotica compresa.

Leggendo i commenti al libro lasciati su Amazon, ne ho trovato uno che contesta proprio questo aspetto. Secondo chi ha lasciato il commento, Ryuu è un personaggio troppo femmineo e poco dominante. Con tutto il rispetto per il commentatore, è evidente che non ha idea di come funzioni il BDSM.

Quello vero, intendo, non la violenza domestica che spacciano per BDSM in certi libri.

Una persona dominante a letto, perfino sadica, non dev’essere per forza dominante anche fuori. I dominanti che puoi incontrare a un munch sono persone normali, non pazzi che ti fanno seguire o che ti molestano sessualmente appena ne hanno l’occasione. Provano invidia, gelosia, amore, come tutte le persone. Qualche volta possono perfino essere vulnerabili, come mi piace mostrare in “Femdom Power” e in “Incontriamoci a San Valentino”.

Per tornare a “Come petali di ciliegio”, posso quindi affermare con sicurezza che Ryuu è un dominante credibile. Tra l’altro, ha anche quella tendenza al pensiero ossessivo propria di un po’ tutti i rigger.

Sarà davvero kinbaku?

Ed ecco che arriva un po’ il punto dolente: Mia Another rappresenta il bondage giapponese in modo credibile?

Ni. In certi punti, le sensazioni descritte mi hanno ricordato davvero quelle provate durante le (poche) legature subite. Ci sono però dei particolari che farebbero saltare sulla sedia qualsiasi cultore della materia. O, quanto meno, quelli che ho avuto modo di conoscere.

Premetto che sono tutte precisazioni abbastanza futili ai fini della storia.

  1. Il materiale delle corde. Nel bondage giapponese tradizionale si usano solo canapa e iuta, qualche volta il lino. Le corde in iuta sono le più pregiate e delicate sulla pelle. Eppure, a un certo punto Ryuu le esclude perché “rischierei di farle del male o di lasciarle dei segni troppo evidenti”. Nope: se vuoi una corda delicata sulla pelle, la iuta è precisamente quello che ti serve.
  2. La simmetria. Ryuu torna spesso sul concetto di simmetria, che però è proprio del rope bondage occidentale. Nel bondage giapponese studiato da Ryuu, la mancanza di simmetria è un valore aggiunto.
  3. Il dolore durante la sospensione. Il kinbaku può essere molto doloroso e violento, a seconda di chi lo pratica. Non deve esserlo per forza e dubito che un rigger esperto come Ryuu, tra l’altro molto poco sadico, non sarebbe in grado di sospendere una persona senza farle male.

La cosa buona è che l’autrice si preoccupa di precisare che il kinbaku può essere pericoloso, se lo si pratica senza le giuste competenze. Questa nota da sola compensa tutte le imprecisioni di cui sopra.

Per chiudere, consiglio “Come petali di ciliegio” a chiunque cerchi una lettura semplice e romantica, incentrata sulla dominazione sessuale ma priva di derive abusive.


1 Di tanto in tanto anche io mi lascio andare a discorsi su come il “destino” mi abbia fatto incontrare Mela. Credo che sia davvero così? No: sono solo attacchi di melensaggine.