Com’è perdere il tuo volto, dissolverti in una dolce sofferenza sotto i colpi di una frusta? Continua a leggere il racconto erotico per scoprirlo

Inspiro. Il petto si ferma contro le mie stesse braccia incrociate, le cinghie che le trattengono stringono e l’aria rimane bloccata a metà tra gola e polmoni. Mi gira la testa.

Niente respiri profondi: solo assaggi di aria per arrivare fino in fondo, che passino dai buchi per il naso.

Respiro. Respiro. Respiro.

Le dita formicolano. Le apro e le chiudo una ad una, accarezzandomi il mento. I polpastrelli nudi sfiorano la pelle della maschera stretta intorno alla mia testa. Sono un manichino senza volto né voce, incapace di muovermi da dove è stato messo.

Mi si chiude lo stomaco e una botta di calore scende fino all’inguine. Spingo i polpacci in avanti, ma le cinghie di cuoio li mantengono ben saldi contro le gambe della sedia. Il calore aumenta. Contraggo i muscoli del bassoventre in cerca di sollievo: forse se mi sforzo abbastanza posso riempire il vuoto che ho in mezzo alle cosce.

Niente.

Strofino le chiappe contro la seduta.

Un soffio caldo sfiora il mio collo.

«La mia troietta sta soffrendo?» sussurra Davide. La voce arriva ovattata dalla maschera.

Annuisco.

Le cinghie scivolano via dai polpacci e dal petto. Le braccia cadono in avanti, i polsi stretti tra loro. Davide mi prende per un braccio e mi solleva dalla sedia. Mi spinge in avanti, nel buio. Allungo un piede e tasto il terreno con la punta delle dita, alla ricerca di un ostacolo. Lo poggio. Faccio lo stesso con l’altro. Sfioro una superficie di legno con la pancia: dev’essere il tavolo della taverna.

Davide mi piega a novanta sul tavolo e preme la mano contro la schiena. Cado sopra le mani legate, le polsiere affondano nella carne. Colpisce una chiappa a mano aperta, colpisce l’altra.

Annaspo sotto la maschera. Apro e chiudo la bocca intorno alla ball gag e la saliva scende in rivoli, si ammassa sul mento. Allargo le narici per raccoglier l’aria che riesce a passare dai buchi della maschera: sa di legno e sudore e saliva. Mi sta scoppiando il petto.

«Ho una prova per te.» Un dito passa sull’apertura della figa, ne segue i contorni e scende lungo la coscia. Si lascia dietro una scia umida. «Superala e ti darò un po’ di sollievo.»

Sposta la mano. I suoi passi si allontanano.

Schiocca una frusta.

«È molto semplice: avrai trenta secondi di sollievo per ogni frustata che sopporterai. Più andrai avanti, più godrai. È uno scambio equo, no?»

Trenta secondi per frustata. L’ultima volta ne ho prese tre, prima di chiamare la safe. Un minuto e mezzo: un po’ poco.

Annuisco contro il tavolone.

«Ottimo. Chiappe in fuori.»

Alzo il sedere. Serro i denti intorno alla palla di silicone, strizzo gli occhi nel buio.

Uno spiffero sfiora la figa umida e le gambe nude. Il brivido sale lungo la schiena, fino alle spalle. Le stringo e affondo la testa tra loro.

La prima colpisce le chiappe proprio al centro. Una sfilettata di dolore mi fa sobbalzare, prima di stemperarsi in semplice bruciore.

Mugolo di sorpresa. Gli occhi mi si riempiono di lacrime, che scendono e si bloccano sugli zigomi, contro la maschera.

«Allora, ti bastano trenta secondi?»

Affondo i denti nella ball gag e scuoto la testa. Alzo le chiappe.

La seconda prende il retro delle cosce. Lancio un urlo, soffocato dal bavaglio e dalla maschera. Il dolore accende macchie bianche davanti agli occhi, i polmoni si chiudono.

Il bruciore si attenua e torna anche il respiro. Inspiro, le macchie diventano più chiare. Le chiappe sono calde e pulsano.

«Un minuto?»

Forse concentrandomi potrei farcela in un minuto. Forse.

Scuoto la testa.

«Ah, ti senti coraggiosa.»

Passeggia avanti e indietro alle mie spalle. Fa schioccare la frusta in aria.

Mi colpirà adesso?

Un filo d’aria accarezza i punti colpiti e scariche elettriche raggiungono la mia testa. I polsi fanno male.

Sarà adesso? Colpirà prima che conti fino a tre? Uno, due, tre.

Quattro, cinque, sei, set―

L’aria si smuove e il colpo prende la chiappa sinistra. Stringo le mani a pugno, tiro indietro la testa. Non ce la posso fare. Tre colpi sul tavolo e sarà finita. Solo tre colpi sul tavolo.

Il dolore scema e si riaccende con un colpo sulla chiappa destra. Grido con i denti chiusi sulla ball gag, gli occhi sgranati sotto la maschera.

Grido e tiro fuori l’aria che ho nei polmoni e le lacrime, che si accumulano sotto gli occhi e sulle guance.

Arriva un nuovo colpo sulle cosce e il dolore sparisce, si dissolve in mezzo ai singhiozzi che mi frantumano il petto e mi fanno bruciare la gola.

Davide mi accarezza la base del collo, scende lungo la colonna vertebrale. Mi gira e il contatto con la superficie del tavolo riaccende il dolore. Mi giro di lato e Davide mi ributta sulla schiena. Mi spalanca le gambe. Il suo respiro sfiora la figa, la lingua accarezza il clitoride.

Sussulto e lui preme sul basso ventre per ricacciarmi giù.

Bacia la mia figa, chiude le labbra intorno al clitoride, lo succhia.

Le lacrime si fermano. Il piacere sale, si fonde con il dolore, lo sovrasta. Arcuo la schiena e affondo le unghie nel petto.

La lingua di Davide gira intorno al clitoride, si ferma sopra e lo avvolge.

Mugolo sotto la maschera. Il nero si riempie di forme colorate che si muovono dietro le palpebre. Il mondo sparisce e c’è solo piacere.

Davide allontana la lingua. Cammina lungo il tavolo. Mi sfila la maschera.

La luce gialla della taverna mi fa lacrimare gli occhi: li socchiudo e giro la testa.

Davide è piegato sopra di me. Toglie la ball gag, slaccia le polsiere. Mi prende in braccio e il suo abbraccio è caldo, sa di sudore. Mi dà un braccio sulla testa.

«Sei stata bravissima. Ti meriti un bagno caldo.»

Mi lascio andare contro di lui. Si sta bene tra le sue braccia. «Con tanta schiuma?»

«Con tanta schiuma.»