Histoire d’O è un romanzo simbolo nel mondo del BDSM. Per tanti versi ne ha addirittura plasmato l’immaginario. Eppure, ha ben poco del “vero” BDSM. Perché?
Quando uscì “Cinquanta Sfumature di Grigio” avevo poco più di vent’anni e non praticavo BDSM. Ricordo un’enorme discussione riguardo la trilogia, su un forum che frequentavo a quel tempo. Nel corso di questa, feci un confronto tra le Sfumature e “Histoire d’O”, ovviamente a discapito delle prime. Presentai la Storia di O come un genuino esempio di sadomaso, al contrario dell’obbrobrio della James.
Credo di aver scritto poche altre stronzate così grosse. L’opera di Pauline Réage – pseudonimo di Dominique Aury – ha infatti ben poco del “vero” BDSM.
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Riassunto del romanzo “Histoire d’O”
Nel caso non l’avessi letto, “Histoire d’O” è un romanzo francese del 1954 di genere erotico. Il libro parla di O, una ragazza senza nome fidanzata con il bel René. Un giorno René la porta a fare una passeggiata in una zona che non conosce, la fa salire su un taxi, la spoglia e la porta in un castello a Roissy.
Al castello abitano due gruppi di persone: ragazze come O, portate lì da fidanzati o amici come prova d’amore; uomini che hanno come unico divertimento frustare e sodomizzare le suddette. Durante il suo soggiorno, O impara ad annullare la propria volontà per diventare la perfetta schiava sessuale di René.
O rimane una schiava anche una volta uscita dal castello. L’anello che indossa la bolla come ragazza di Roissy; chiunque ne conosca il significato, può disporre di lei a piacere. Ciononostante, O è a tutti gli effetti proprietà di René. Lui decide quindi di cederla all’amico fraterno sir Stephen, che la fa marchiare con le proprie iniziali.
Alla fine del romanzo, sir Stephen lascia O e lei decide di uccidersi (forse)1.
Roissy, ovvero il sogno bagnato degli amanti del BDSM
“Histoire d’O” – romanzo e film – ha plasmato l’immaginario degli amanti del BDSM in tanti modi. Prima di tutto, Roissy sembra quasi un mondo a parte, basato tutto sull’estetica fetish e il sesso. Gli abiti di uomini e donne servono a facilitare il rapporto sessuale, il trucco mette in risalto genitali e attributi sessuali. Non c’è spazio per il pigiama o la ciabatta scucita: è come se tutti fossero in dress code 24 ore su 24.
Ciò che però ha stuzzicato tanti, almeno secondo me, è la semplicità d’approccio tra dominanti e sottomesse. Le donne di Roissy sono facili da riconoscere, se sai dove guardare: l’anello non lascia spazio a dubbi. Se fai parte del circolino, non servono parole o spiegazioni prima di far partire le danze.
Oggi forse fa un po’ ridere, ma conta che il romanzo “Histoire d’O” è degli anni ‘50 (gli stessi anni di Bettie Page) e il film è del 1975. In quel periodo era dura la vita del pervertito. Senza internet, trovare qualcuno con dare spazio alle proprie fantasie era una vera impresa. Le vicende del castello di Roissy offrivano invece l’illusione di un’alternativa, grazie a un segno di riconoscimento chiaro e al contempo discreto.
Sadomasochismo che non è sadomasochismo
Quando si parla della Storia di O, se ne parla quasi sempre in rapporto al sadomasochismo. Le recensioni che ho visto sul web vanno spessissimo in quella direzione, lo mettono addirittura in rapporto alle Cinquanta Sfumature. Ovviamente, ciò porta a un sacco di interpretazioni scandalizzate, dato che di SSC non c’è neanche l’ombra nel libro.
C’è un problema: il fatto che “Histoire d’O” abbia influenzato l’immaginario del BDSM non lo rende un romanzo sul BDSM. Va bene, ci sono fruste e sesso e collari come se piovesse. Sicuro, O è una perfetta schiava sessuale per René prima e per sir Stephen dopo. Il libro, però, non parla di sadomaso. Il libro parla di libertà da sé stessi e dipendenza dall’altro.
O non è masochista nel senso proprio del termine. Lei non prova piacere nel dolore o nel farsi usare come un oggetto sessuale. Più di una volta mette l’accento invece sulla libertà da sé stessa.
Sotto gli sguardi, sotto le mani, sotto i sessi che l’oltraggiavano, sotto le fruste che la straziavano, si perdeva in una delirante assenza da se stessa che la restituiva all’amore, e l’avvicinava forse alla morte.
A molti sfugge, ma in una coppia BDSM si divertono entrambe le parti. Il sottomesso prova un genuino piacere sessuale nel farsi maltrattare e, nel momento nel quale non si diverte più, può bloccare il gioco. Per O non è così: lei si sottopone a torture e umiliazioni pur di non restare sola con sé stessa. Tant’è che, nel momento in cui sir Stephen decide di lasciarla, O decide di farla finita.
La tortura sessuale come libertà assoluta da sé stessi
Il terzo anno di università, credo, seguii un bel corso di Estetica. Durante una delle lezioni, il professore parlò anche del rapporto malato tra i due protagonisti di “Histoire d’O”. Io non avevo ancora letto il romanzo, quindi alzai la manina e chiesi cosa ci fosse di male. Insomma, se a una persona piace prenderle e all’altra darle, va bene così. No?
Il professore replicò che René e O non hanno il rapporto complementare tipico di chi pratica BDSM. Invece di completarsi, O usa le pratiche per scendere in una spirale autodistruttiva che non può che finire in tragedia. Non so se il mio professore praticasse BDSM, anche se giravano voci equivoche sul suo conto. Penso però che avesse ragione.
La libertà da sé stessi è uno dei temi cardine del BDSM: il sottomesso si affida al dominante in tutto e per tutto. Ciononostante, mantiene sempre una forte responsabilità verso di sé: se pensa che il gioco stia andando in una direzione sgradita, ha il diritto e dovere di fermarlo. Invece, O perde sé stessa pagina dopo pagina, chiudendosi in una prigione senza via di uscita.
Dietro le immagini erotiche c’è il terrore dell’eccesso di libertà. O si affida a René e soprattutto a sir Stephen per non dover più pensare, per non avere responsabilità, per non essere. Questa è una dinamica molto più vicina all’autolesionismo che al BDSM.
Ma che sollievo, che delizia l’anello di ferro che fora la carne e pesa per sempre, il marchio che non si cancellerà mai, la mano di un padrone che ti stende su un letto di roccia, la mano di un padrone che sa impadronirsi senza pietà di chi ama.
Perché libro e film “Histoire d’O” mandano messaggi diversi
Nel 1975 è uscito un film tratto da “Histoire d’O”, abbastanza esplicito e con alcune differenze rispetto al libro. Nonostante la storia sia identica, ci sono particolari che gettano una luce diversa sul personaggio di O e sul rapporto con sir Stephen. Anche il finale è diverso e cambia il senso della storia.
Nel film, sir Stephen dice più volte di essere innamorato di O, specie nel finale. Il rapporto tra i due è di fatto molto più paritario, più vicino a un vero rapporto BDSM. Addirittura, il finale lascia spazio a un capovolgimento di ruoli. I due sono abbracciati teneramente sul divano e fumano lo stesso sigaro. Lui dice che la ama e O ridacchia.
SIR STEPHEN: Perché sorridi?
O: Tu dici che mi ami, ma se io ti chiedessi di subire una sola delle prove che io ho sopportato per te, accetteresti?
SIR STEPHEN: Sì, sono tuo.
(O spegne il sigaro, prende la mano di sir Stephen e preme la punta del sigaro sul dorso. Lui sussulta, ma non dice niente.)
NARRATORE: Ella seppe allora che era giunta alla fine del viaggio, trionfante. Ora stava a lui darle prova del suo amore.
(La camera si avvicina, mostrando l’anello di Roissy di O e il segno della bruciatura sulla mano di sir Stephen.)
Nel libro è impensabile che O si prenda la responsabilità anche solo di immaginare di dominare sir Stephen. Tutto il suo percorso serve ad annullarsi, mentre nel film è più simile a un viaggio alla ricerca di sé stessa. Le torture e le umiliazioni rendono la O interpretata da Corinne Cléry più forte, in grado di sopportare le sfide della vita a testa alta.
Certo, in questo modo mancano buona parte degli elementi che rendono il libro così sconvolgente. La storia assume tinte più “normali” e lascia meno spazio alla riflessione.
1 Ci sono due finali. In uno O si uccide, nell’altro sir Stephen la abbandona a Roissy. Quest’ultimo è il finale raccontato in “Ritorno a Roissy”, seguito di qualità discutibile e infatti poco conosciuto.