Angela è sempre più insofferente e il rapporto con Carlo inizia a starle stretto. Quando una sera torna a casa prima, la situazione precipita
Leggi la prima parte di “Il Risveglio”
Raddrizzo l’auto nel parcheggio sotto caso e la spengo. Tiro fuori il cellulare dalla borsa: c’è un messaggio di Carlo.
“Scusa amo, non ce la faccio per cena.”
Ributto il cellulare in borsa e scendo dall’auto. Sbatto lo sportello alle spalle e mi incammino a grandi passi verso casa.
Mi sta sempre tra i piedi quando finisco tardi, ma per una volta che riesco a uscire prima da lavoro non c’è.
Le luci di casa sono spente, quindi mamma e papà sono ancora fuori. Solo una finestra brilla in mezzo agli alberi del giardino, al secondo piano. Dovrebbe essere quella di Elisa. Magari ci penserà mia cugina a tenermi compagnia per cena.
Il cancello esterno è aperto e lo richiudo di dietro di me. Apro la porta di casa ed entro. Il soggiorno è immerso nel buio e dal piano di sopra vengono delle voci. Elisa starà guardando un film, o parlando con qualcuno al telefono.
Mi sfilo le scarpe, alla cieca. Recupero il cellulare e appendo giacca e borsa. La luce dello schermo filtra tra le dita e rischiara il pavimento sotto di me. Accanto all’appendiabiti c’è un paio di scarpe da ginnastica da uomo: sono enormi, troppo grandi per essere di papà. Magari le ha dimenticate Carlo l’altro giorno, quando siamo andati a correre.
Attraverso la stanza e scosto la porta che separa primo e secondo piano. Le voci si fanno più alte. Un uomo urla.
Un horror? Un film drammatico?
Imbocco le scale, il cellulare puntato in avanti per illuminare i gradini.
Un uomo ride. «…smetterla?»
Mugolii.
Sono sul pianerottolo. Un letto cigola e la voce rimbomba tra le pareti del corridoio.
«No che non devo smettere, eh?»
La porta della camera di Elisa è socchiusa, una lancia di luce attraversa il pavimento.
I rumori arrivano da lì.
«Ti piace zoccoletta, eh?»
In che razza di film parlano così? Solo in quelli che guardo di nascosto la sera, quando tutti dormono.
Ho la bocca secca. Ho messo la mano libera in mezzo alle gambe, il palmo schiacciato sulla collinetta e le dita tra le cosce. Nonostante i jeans, l’odore di muschio mi solletica il naso. Forse è solo un’impressione. O forse non è il mio odore.
Infilo il cellulare in tasca e l’unica luce che rimane è quella che filtra da camera di Elisa. Mi avvicino rasente al muro. Mi sporgo quel tanto che basta per vedere l’interno della stanza.
Elisa è nuda e c’è un uomo sul letto insieme a lei.
Scatto indietro e mi poggio spalle al muro. Ha portato un uomo in casa nostra? Mamma e papà tirerebbero su un casino, se lo sapessero. La butterebbero fuori di casa.
Fare sesso vale tanti rischi?
Mi faccio scivolare a terra e sbircio. Elisa ha le braccia tirate indietro e i polsi legati alla testiera. È rossa in viso, sudata, gli occhi tirati indietro e le guance gonfie. Ha la bocca piena e dalle labbra spunta un lembo di stoffa. Il busto è teso ad arco e le gambe sono spalancate, con le caviglie legate alle estremità del letto.
Tra le sue gambe c’è un ragazzo con in mano un’asta, sormontata da una semisfera. La usano in alcuni film sconci, per fare quello che io di solito faccio con le dita.
Il ragazzo tiene la testa del vibratore sul clitoride di Elisa. Lei si contorce, mugola. I muscoli si contraggono e si rilassano.
Il ragazzo ride. «Questo era l’orgasmo numero… Ho perso il conto, sai?»
Si abbassa su di lei. Le scosta una ciocca di capelli dall’orecchio e vi poggia la bocca. «Adesso è il mio turno, no?»
Mette il vibratore di lato e si raddrizza. Afferra le cosce di Elisa da sotto e il suo cazzo sparisce lì in mezzo. Elisa muove il bacino verso di lui, le chiappe strette e sollevate dal materasso.
Ho la mano nei pantaloni. Quando me li sono slacciati? Sto massaggiando il clitoride e il calore mi prende la gola. Mordo il labbro inferiore. Sospiro, gemo.
Il ragazzo si blocca. «Hai sentito?»
Elisa lascia andare la schiena sul letto. Annuisce e si gira nella mia direzione.
Se mi trovano così faccio la figura della pervertita. Camera mia è proprio qui accanto, per fortuna: mi alzo con i pantaloni mezzi abbassati e corro via. Entro in camera e mi sbatto la porta alle spalle.
Mi riallaccio i pantaloni.
Fuori dalla porta ci sono dei passi, la voce di Elisa.
«Cazzo, giuro che non ci doveva essere nessu—»
«Calmati. Parlaci e vedi che si sistema tutto.»
Bussano alla porta. «Angela, ci sei?»
Bussano di nuovo. «Angela, ti prego.»
Apro.
Elisa è ancora porpora e indossa solo un accappatoio, che tiene chiuso con le mani. Mi fissa con gli occhi lucidi.
«Angela, io… Era tanto che io e Fabio non stavamo insieme e non abbiamo soldi per un albergo… Non dirlo ai tuoi, ti prego.»
Pensa davvero che lo direi ai miei? La rimanderebbero giù in Calabria per direttissima.
Scuoto la testa. «Certo che non glielo dirò.»
Il suo abbraccio ha un odore muschiato e acidulo.
«Non dirò niente, ma ne vale la pena?»
Si stacca e fa spallucce. Non capisce.
«Vale la pena rischiare così per il sesso? Io non so com’è. Carlo… Carlo mi rispetta.» Storco la bocca.
«Ah, allora voi—»
«Spiegami tutto. Non dirò niente, ma aiutami a capire com’è.»
Il tepore si accede nel petto e scende in mezzo alle gambe. Passo una mano sul retro del collo e la ritiro sudata.
Elisa mi fissa a bocca aperta. «Va bene.»
Scosta lo sguardo, annuisce. «Si può fare.»
Spalanco la porta e le indico l’interno della stanza. Entra e si siede sul letto.
Comincia a spiegare.