Stamattina avevo voglia di guardarmi un film leggero, mentre lavoravo a maglia. Apro Netflix e tra i consigliati mi appare uno gnoccolone e il titolo “365 Days“. Come resistere?
Clicco, leggo la trama, vedo che è il film in assoluto più visto in Italia. Incuriosita, clicco di nuovo e mi trovo di fronte a una vaccata epica, degna però di qualche riflessione.
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La trama di “365 Days”
Massimo Torricelli è figlio di un boss mafioso siciliano ed è destinato a prendere le redini dell’impero paterno. Un giorno rimane coinvolto in una sparatoria, il padre muore e lui si salva per un pelo, diventando il nuovo boss.
Poco prima di svenire per le ferite, Massimo vede una misteriosa donna che si stava facendo gli affaracci suoi in spiaggia. Per qualche motivo ne diventa ossessionato, inizia a cercarla e la trova. Qui inizia il vero delirio.
La donna del mistero è Laura Biel, una bellissima donna d’affari polacca che sta vivendo una relazione difficile. A questo punto, cosa può fare Massimo? Farsi avanti? Mandarle regali costosi? Stalkerizzarla corteggiarla con passione? Niente di tutto questo: la fa rapire e la costringe a rimanere con lui per 365 giorni, nella speranza che lei si innamori.
Beh, tutto normale, no?
Un porno BDSM travestito da storia d’amore
Piccola premessa: il film è tratto da una serie di libri che non ho letto e che non ho idea di come sia. Per quanto ne so, i libri potrebbero essere bellissimi e appassionanti. Il film è un pornazzo BDSM travestito da storia d’amore, tra l’altro scritto molto peggio di un porno dichiarato come Alfie.
Tornando a stamattina, inizio a guardare il film e mi accorgo che i due attori – entrambi davvero belli – sono dei cani inascoltabili. Tempo dieci minuti, decido di chiudere e dedicarmi ad altro, ma qualcosa attira la mia attenzione: il nostro caro Massimo è sul suo aereo privato ed è nervoso.
Per stemperare la tensione, prende una hostess e si fa fare una pompa con tanto di ingoio.
Il tutto mostrato nei minimi dettagli.
Mancano solo le inquadrature dei genitali.
Metto in pausa e controllo se non ho di nuovo aperto PornHub per sbaglio. No, è proprio Netflix. Mollo il lavoro a maglia, torno indietro e riguardo: magari mi sono sbagliata. Eh no, sembra proprio la scena di un porno tagliata in modo da non far vedere il cazzo.
Un po’ eccitata e un po’ perplessa, riprendo a guardare. Massimo inizia a levarsi la camicia a ogni occasione; mi scordo il lavoro a maglia. Massimo lega Laura al letto e la fa guardare mentre si fa soddisfare da un’altra donna; mi scordo pure come mi chiamo.
Riesco solo a pensare che il culo di quel tizio è illegale e che lo sto guardando su Netflix, in tutto il suo splendore.
In tutto questo, la “trama” non è pervenuta. O meglio, mi piacerebbe che fosse così.
“Consenso”, il grande assente
Come già scritto altrove, non ho niente contro i porno e, se “365 Days” fosse un porno, sarei abbastanza soddisfatta. Il genere è proprio quello che piace a me: lui è un figone con addominali da paura e un culo che parla, determinato a prendersi quello che vuole in qualsiasi modo; lei è una ragazzina disobbediente che impara il valore della disciplina a colpi di nerchia.
Il problema è che non è un porno (dichiarato).
Questa dovrebbe essere una storia d’amore con tinte erotiche, il che è inquietante. Vediamo un tizio che rapisce una ragazza sconosciuta nella speranza che lei si innamori di lui, forse conquistata dalle molestie sessuali continue. Peggio ancora, vediamo una tizia che si innamora dell’uomo che l’ha rapita, “premiandolo” per aver fatto qualcosa di illegale e immorale.
La storia è sostanzialmente questa, con qualche inciucio mafioso sullo sfondo tanto per aggiungere colore. Un inno alla mancanza di consenso e alle relazioni disfunzionali, reso appetibile dagli attori bellissimi, dalle scene soft porno e dalla storia d’amore smielata.
Questo è il film più visto in Italia oggi su Netflix.
Portiamo il BDSM nelle scuole
Quando vedo Massimo legare Laura al letto con le gambe spalancate, mi eccito e penso che dovrei comprare anch’io una bella asta telescopica. Quando lo vedo sbattere Laura con un tappetino, capisco che è il suo atteggiamento dominante – e l’addominale scolpito – a renderlo eccitante, non il suo essere un soggetto pericoloso e abusivo.
Siamo sicuri che la cosa sia proprio chiara a tutti? Quante ragazzine ci sono là fuori pronte a cedere a soggetti poco raccomandabili, perché si sono eccitate guardando o leggendo “storie d’amore” del genere? Guardando alla mia adolescenza e alle vicende di alcune mie amiche, più di quanto mi piacerebbe ammettere.
Quindi che facciamo? Togliamo “365 Days” da Netflix e vietiamo tutte le storie del genere? No, la censura non è la risposta. La risposta vera è saltata fuori durante un TNG, il munch under 35 che per il momento si svolge online.
Non mi ricordo chi a un certo punto dice che bisognerebbe parlare di BDSM nelle scuole, magari invitando esperti come Ayzad per spiegarne le dinamiche. Sul momento mi oppongo: ragazzi, abbiamo problemi perfino a parlare del sesso “normale”, figuriamoci parlare di frustini e affini.
Avevo torto. Mi scuso con chiunque abbia detto quella cosa, perché aveva ragione lui e questo film lo dimostra.
I ragazzi e le ragazze hanno bisogno di strumenti per comprendere certe pulsioni, se mai si dovessero presentare. Devono capire che non c’è niente di male a fantasticare su uno gnoccolone pericoloso che ti rapisce, ti lega e ti scopa senza pietà, senza soffermarsi più di tanto sul consenso. Finché sono fantasie, va tutto bene. Il problema è quando inizi a cercare un corrispettivo dello gnoccolone in questione nella vita reale.
Ci sono modi sicuri per assecondare queste fantasie, tutti racchiusi sotto il grande ombrello del BDSM. Non serve buttarsi in relazioni disfunzionali, nella speranza di trovare il Massimo di turno che scateni le cascate del Niagara. Basta ammettere a te stesso che sì, ti piace essere maltrattato a letto, andare a un munch, parlare con un po’ di persone e trovarne una che ti piace.
Là fuori è pieno di bravi ragazzi che rispettano le donne, le ascoltano e, se queste vogliono, le legano al letto e le disciplinano a colpi di nerchia. O si fanno disciplinare, a seconda dei gusti.
Basta solo sapere che esistono e lasciar perdere i bulletti.